IL RUB E’ MIO E ME LO FACCIO IO! 100 MODI PER CREARE IL PROPRIO RUB

Il rub è mio e me lo faccio io!
Il rub è mio e me lo faccio io!

Finalmente anche in Italia iniziano a trovarsi salse e rub dagli states.
E’ una gran bella cosa, anche perché non c’è crescita senza confronto.
Assaggiare, confrontare e poi sperimentare.
Io trovo molte salse americane troppo dolci per i nostri gusti e alcuni rub – passato il piacere della novità – un po’ troppo distanti dagli aromi mediterranei che hanno da sempre accompagnato un bel pezzettone di ciccia alla brace.
Allora di tanto in tanto sperimento qualche miscela ideata da me per vedere cosa ne viene fuori.
Confesso che a volte ne sono uscite cose mangiabili solo con molta buona volontà, ma piano piano a forza di sbagliare ho aggiustato il tiro e adesso – complice un essiccatoio – mi preparo i miei rubs da solo a partire dalla materia prima, e vi assicuro che – ad esempio – la polvere che ricavo da un chilo di aglio rosso, coltivato negli orti di Monopoli e comprato nel cuore della stagione non è nemmeno lontanamente parente di quella che comprate nelle boccette della GDO.
Ma a parte il fai da te nelle materie prime (fortemente raccomandato quanto meno per aglio, cipolla, finocchio, champignones, carota, cavolorapa, sedano) ho trovato che è importante conoscere il ruolo delle singole componenti di un rub ben bilanciato per avere una chiara idea di dove andare a parare.

I pilastri del rub sono 3:

1) Sapidità
2) Piccantezza
3) Aromaticità

SAPIDITA’

E’ determinata dal sale, dallo zucchero e dal glutammato di sodio.

L’aggiunta di zucchero al rub dovrebbe sempre tener presente la temperatura alla quale poi la carne sarà cotta, e questo perché dopo aver raggiunto il punto di fusione lo zucchero inizia prima a caramellare e poi a bruciare, diventando amaro e scuro.
Si può stare relativamente tranquilli fino ai 140/150 gradi considerato che di norma lo zucchero caramellizza a 160.
ATTENZIONE: mentre glucosio , saccarosio e galattosio caramellizzano a 160 gradi, il fruttosio caramellizza a 110 gradi, ragion per cui la glassatura fatta con salse a base di frutta (ciliegie, albicocche e prugne in particolare) va fatta a temperatura da L&S e per tempi non prolungati.

Possiamo usare:

I SALI:

  • SALE FINO: E’ il classico sale da tavola, derivato da raffinazione.
  • SALE KOSHER: E’ un sale privo di qualsiasi additivo.
  • SALE GRIGIO: E’ il più completo di tutti. Contiene infatti 92 delle 93 tracce di minerali.
  • Conserva qualche sfumatura del sapore marino e quindi va benissimo anche per piatti forti come ad esempio i tagli magri di manzo o l’agnello.
  • Gli ALTRI SALI che da qualche tempo popolano gli scaffali dei supermercati hanno caratteristiche ed aromi particolari:
  • SALE ROSA DELL’HIMALAYA: dal sapore delicato,
  • SALE ROSSO DELLE HAWAII: contiene una percentuale di argilla che gli conferisce il suo colore. Sapore forte e caratteristico
  • SALE NERO INDIANO: chiamato anche Kala Namak, è usato anche come spezia. Ha un aroma pungente e distinto, sulfureo.
  • SALE BLU DI PERSIA: E’ molto saporito ma rimane in bocca per un tempo breve, lasciando una scia di retrogusti speziati.Il suo gusto si sposa perfettamente con il tartufo, oltre ad essere ideale per condire focacce e pizze, frutti di mare e carne ai ferri.

    GLI ZUCCHERI:
  • ZUCCHERO: E’ il risultato di lunghi processi di raffinazione e sbiancamento sull’estratto delle barbabietole da zucchero o delle canne da zucchero.
  • ZUCCHERO DI CANNA INTEGRALE: detto anche Raw Sugar. E’ zucchero di canna raffinato ma non sbiancato. Piuttosto difficile da trovare, è un po’ umido e tende raggrumarsi.Trattiene aromi di melassa che aggiungono una interessante nota al rub. Ha una temperatura di caramellizzazione prossima ai 175 gradi ed è quindi in grado di sopportare anche la cottura Indiretta in hot&fast.
  • ZUCCHERO DI CANNA: detto anche Brown Sugar. E’ lo zucchero scuro che troviamo con facilità nei supermercati. Si tratta di normale zucchero raffinato a cui viene aggiunto un estratto di melassa.

    IL GLUTAMMATO:
  • GLUTAMMATO DI SODIO (MONOSODICO): E’ l’esaltatore dell’ UMAMI, uno dei cinque gusti fondamentali percepiti dalle cellule recettrici specializzate presenti nel cavo orale umano (gli altri sono dolce, salato, amaro e aspro).
    Non gode di buona fama, ma si tratta di ingiuste e stupide leggende metropolitane mentre in realtà è utile, anzi indispensabile per la buona salute.
    Ma non dovete credere me, approfondite l’argomento … per esempio con un articolo dell’ottimo professor Bressanini:

    http://bressanini-lescienze.blogautore.esp…o-che-spaventa/

    Il glutammato (sdoganiamolo definitivamente dalle idiozie) aggiunge una “profondità” al gusto che non ha eguali, provare per credere

PICCANTEZZA

Aggiunge quell’irrinunciabile complemento che viene chiamato “kick”, e viene data dal pepe, dal peperoncino, dal wasabi o dal cren.

Pepe: esistono oltre 600 tipologie di pepe (Piper Nigrum) e ognuna ha la sua personalità. Le varietà più utilizzate in cucina non derivano da piante diverse ma dalla stessa bacca raccolta a seconda della maturazione. Altre, invece, vengono chiamate erroneamente “pepe” soltanto per la somiglianza della forma o del sapore.

Pepe verde: È il primo ad essere raccolto e si produce quindi dalla bacca ancora acerba. Durante la fase di essiccazione, il seme viene trattato con diossido di zolfo così da mantenere il verde del frutto e poi si lascia al naturale o in salamoia. Ha un sapore molto fresco ed aromatico. Quello in salamoia perde una parte del sapore caratteristico ma acquisisce morbidezza potendolo usare così intero nelle preparazioni. Non è troppo piccante ed è ottimo in abbinamento a preparazioni di carne (soprattutto manzo), verdure e a base di panna. Molto utile anche per una conservazione prolungata dei cibi.


Pepe nero: È sicuramente quello più utilizzato e allo stesso tempo il più forte di tutti. Si raccoglie a metà maturazione (quando da acerbo inizia a diventare rosso) e si fa poi essiccare dai 7 ai 10 giorni al sole. Viene precedentemente sbollentato in acqua così da lavarlo e prepararlo all’essiccazione. Si abbina praticamente a tutto ma è l’ideale per accompagnare la carne rossa. .
Pepe bianco: Si ricava dalle bacche grosse e completamente mature che vengono poi lasciate in ammollo in acqua così da rimuovere la superficie rossastra. Il seme viene quindi essiccato raggiungendo un sapore meno piccante del nero e tendente al dolce. Sostituisce il nero nelle preparazioni e salse bianche (per via del colore) ed è perfetto in abbinamento con carni bianche, pesce, verdure e cocktail. .
Pepe nero di Lampong. Tra i migliori al mondo, proviene dall’Indonesia e ha grani di piccolo calibro dall’aroma che ricorda il pepe verde. La sua polpa macinata ha un colore grigiastro. È utilizzato nei piatti salati, specialmente con il formaggio a pasta bianca, sulla macedonia e sui dolci al cioccolato. .
Pepe nero di Sarawak. Originario della Malesia insulare, è molto aromatico, con grani di medie dimensioni e polpa giallo chiaro. È considerato un pepe leggero, nonostante abbia un aroma piccante e asciutto che sfuma però molto velocemente. Estremamente raffinato, si sposa bene con ogni tipo di piatto. .
Pepe nero dell’India. Molto diffuso in Italia rispetto al resto del mondo, ha grani ruvidi e rugosi ed è tra i più puri al mondo. Il suo aroma è pungente e il sapore intenso e piccante. Adatto a ogni tipo do piatto. .
Pepe Kampot rosso. Raro e molto raffinato, originario della Cambogia. È raccolto manualmente in piccole quantità e lavorato artigianalmente. Si sposa bene con pesce e crostacei, ma anche con le carni rosse.
Cubebe: Pepe leggero e aromatico, il sapore del cubebe è caldo, amarognolo e vagamente piccante. Viene utilizzato per insaporire salse varie e verdure ed è consigliato anche negli impasti per i biscotti salati. Spesso usato nell’ambito della pasticceria in Marocco, talvolta candito con zucchero o glassa di tamarindo, è perfetto per dare gusto ai dessert di cioccolato amaro e ai tartufi al cioccolato.

Falsi tipi di pepe:

Pepe Rosa: non appartiene alla famiglia del pepe, ma si tratta di grappoli di bacche color rosa scuro prodotti da una pianta sempreverde del Sudamerica. Ha un gusto delicato e si usa per la decorazione dei piatti sia di pesce che di carne.
Pepe della Giamaica o pimento, molto usato nella cucina caraibica, in Italia si trova solitamente all’interno di un mix formato da pepe nero, bianco, verde e rosa.
Pepe di Sichuan, proveniente dalla Cina, ha un inconfondibile sapore non piccante con una spiccata aromaticità che lascia in bocca un leggero intorpidimento. É adatto a preparazioni di carne e pesce, si sposa bene con mousse al cioccolato e piatti di dolci creativi. La cucina cinese lo utilizza insieme a zenzero e anice stellato.

Peperoncino: la piccantezza del peperoncino è determinata dalla concentrazione della CAPSAICINA, un alcaloide presente al suo interno in concentrazioni variabili a seconda della specie considerata.
La sua piccantezza viene misurata con la scala di Scoville.
Il record, registrato nel Guinness dei primati nel dicembre del 2013, appartiene al Carolina Reaper con 2.200.000 SHU. Precedentemente apparteneva allo Scorpione di Trinidad, e ancora prima al Naga Viper con 1.382.118 SHU. Essendo prodotti naturali e non industriali, non tutti i peperoncini hanno lo stesso valore: è semplicemente il massimo valore registrato e ufficialmente riconosciuto.
Non mi dilungherò ulteriormente sul peperoncino per non scrivere ovvietà, visto che in questa sede siamo interessati principalmente al suo ruolo nella creazione del “kick”.

Scala-di-Scoville

Wasabi e rafano
Sono in molti a pensare che il rafano e il wasabi siano la stessa cosa. In realtà, sebbene le due radici facciano parte della stessa famiglia, il wasabi è la versione verde della radice bianca che in Italia conosciamo come rafano.
Il nostro raphanus sativus è secondo il dizionario Zanichelli una “pianta erbacea annuale delle crocifere, con ciuffo di foglie basali e fiori venati di viola, coltivata in parecchie varietà per le radici piccanti usate in cucina”. In parole povere, una radice di colore biancastro e dal sapore lievemente amorognolo e piccante, che si usa soprattutto nella gastronomia del Nord Italia.
In particolare, in Piemonte lo si usa sotto forma di salsa, tritato e mescolato con aglio, un pizzico di peperoncino, qualche goccia di aceto, sale e olio, per accompagnare il bollito, un piatto tipico soprattutto nella stagione invernale, fatto preferibilmente con carne di bue lessa e accompagnata da varie salse.
In questo senso il rafano e il wasabi sono abbastanza simili, perché anche il wasabi si usa sotto forma di salsa, nella cucina giapponese: la modalità più conosciuta è la pasta di wasabi, che accompagna il sushi nelle sue varie forme, dal sashimi di pesce crudo ai maki di pesce o vegetariani.
In comune le due radici hanno poi il piccante, molto particolare e del tutto diverso da quello più popolare e conosciuto del peperoncino: il rafano e il wasabi non pizzicano sulla lingua, bensì nel naso, provocando una sensazione speciale, che è una via di mezzo fra piacevole e sgradevole per chi li prova per la prima volta.

WASABI: Eutrema japonicum, conosciuta comunemente come wasabi o anche con il nome di ravanello giapponese, è una pianta di origine giapponese appartenente alla famiglia delle Brassicacee (o Crocifere).
La pianta cresce spontaneamente in vicinanza dei fiumi in zone fredde del Giappone, come per esempio in montagna o nelle valli in quota. È anche soprannominato namida, ossia “lacrime”, perché se usato in quantità eccessiva può far lacrimare. Si dice che abbia una funzione antibatterica e digestiva che lo renderebbe indispensabile quando si mangia il pesce crudo.


RAFANO: Armoracia rusticana, detta anche barbaforte o cren è una pianta erbacea perenne delle Crucifere.
Si tratta di una pianta rustica e perenne, alta circa 50 cm, con foglie grandi e ruvide, di colore verde intenso.
È originaria dell’Europa centrorientale ma è diffusa in coltivazione, per la radice dalla quale si ricava la salsa, sia in Europa sia in Nordamerica e in Asia occidentale.
Il rafano è usato, nella cucina tradizionale della Basilicata, per la preparazione della cosiddetta rafanata materana o marsicana, in cui la radice grattugiata fresca è unito a formaggio pecorino, uova sbattute, prezzemolo e pepe nero per la preparazione di una frittata alta anche alcuni centimetri, ricca pietanza tipica del periodo di Carnevale. Il rafano crudo è il condimento principe dello ‘Ndrupp’c, o “intoppo”, il ragù tipico della città di Potenza: viene grattugiato fresco, direttamente sul piatto di ragù appena preparato, in aggiunta al formaggio, e subito portato in tavola. Utilizzato il tal modo viene ironicamente definito dai Potentini “u tartuf’ d’i povr’ òmm” (“il tartufo dei poveri”). Nella provincia di Potenza è utilizzata anche la foglia per aromatizzare minestre a base di verza. Viene anche utilizzato per creare un surrogato del wasabi.
Nella cucina triestina, il rafano grattugiato fresco è usato come condimento essenziale per gli antipasti a base di prosciutto cotto in crosta di pane o di prosciutto cotto tipo “Praga”.
Dalla radice grattugiata macinata e ridotta in pasta, con l’aggiunta di aromi come aceto, pangrattato, mela ed eventualmente un po’ di zucchero, si ottiene una salsa piccante che viene accompagnata ad affettati, carni bollite, pesce affumicato e altre pietanze. Si usa, in particolar modo, nella cucina ebraica, in quelle tedesca ed Est europea. In Italia è diffusa soprattutto nel Triveneto, in particolar modo in Friuli-Venezia Giulia e in Provincia di Treviso, e la salsa prende il nome di cren (o kren) dal tedesco. È onnipresente come accompagnamento dei piatti a base di carne pure nella cucina sudtirolese, in particolare assieme allo speck. In Alto Adige inoltre è usanza portarne una porzione in chiesa in occasione della messa di Pasqua. Il kren così benedetto si dice abbia la virtù di allontanare i serpenti per un anno intero da chi ne abbia consumato in questa festività.
Un’altra salsa di rafano viene preparata nella misura delle tre parti, cioè una parte di maionese, una di mollica di pane (ammollata nel latte, spremuta e infine ridotta in poltiglia) e una di radice grattata finemente, il tutto corretto di sale con un’aggiunta di aceto, che servirà alla conservazione ed a dare un pH corretto onde evitare il botulino a corto termine. Non si presta ad essere invasata. Una salsa delicata e speciale si fa con una parte di radice di cren grattugiata, una parte di maionaiese, una parte di mollica di pane ammollata nel latte e naturalmente strizzata, sale, un cucchiaio di zucchero ed alcuni cucchiai di aceto. il tutto viene miscelato assieme, sia chiaro che la salsa deve essere mantenuta in frigorifero.

AROMATICITA’

C’è solo l’imbarazzo della scelta: carni, cotture e gusti personali sono gli elementi di indirizzo, tutto il resto è creatività.

Aglio. Adatto a quasi ogni circostanza
Aneto. Sapore delicato e rustico al tempo stesso. Si abbina bene con pollo e pesce.
Basilico. Profumo e gusto decisi. Si abbina bene con Pesce e Pollo
Cannella. Sentori dolci con venature amarognole ma profumo speziato e “orientaleggiante”. Si abbina bene con maiale e manzo.
Cardamomo. Aroma pronunciato ed “esotico”. Effetto caldo, speziato e vagamente dolciastro. Si abbina bene con maiale.
Chiodi di Garofano. Gusto pungente e speziato. Si abbina bene con maiale e cacciagione.
Coriandolo. Intenso, aromatico e dolce, con sentori di salvia e limone. Si abbina bene con maiale, agnello, pollo e manzo.
Curcuma. Amarognolo e pungente dal colore giallo intenso. Si abbina bene con pollo
Cumino. Spezia aromatica, leggermente pungente, con sentori di noce. Si adatta bene a pesce, pollo, manzo, maiale e pesce.
Dragoncello. Intensi sentori di anice e liquirizia. Si abbina bene con pesce, agnello, maiale, pollo e frutti di mare.
Finocchio. Dall’aroma inconfondibile con anche un sentore di anice che tende ad attenuarsi in cottura. Si abbina bene con pesce, maiale, pollo e manzo.
Maggiorana. Amarognola, con sentori che ricordano l’origano. Si abbina bene con manzo, pollo, agnello, pesce, maiale e cacciagione.
Noce Moscata. Sapore pungente e mediamente caldo. Si abbina bene con maiale e pollo ma è adatto a praticamente tutto.
Origano. Molto aromatico e caratteristico. Si abbina bene con agnello, manzo e pesce.
Paprika. Ce ne sono di diversa provenienza e personalità. In generale dona un carattere profondo e rustico, speziato e avvolgente. Dona inoltre al rub un bellissimo color rosso aranciato. Si adatta bene a pesce, pollo, manzo e maiale.
Rosmarino. Aromatico con sentori di pino e limone. Si abbina bene con pesce agnello maiale e pollo.
Salvia. Delicatamente amara con sentori di menta. Si abbina bene con agnello, maiale e pollo
Timo. Aroma intenso con sentori di limone e menta. Si abbina bene con manzo, pesce, maiale e pollo.
Zenzero. Speziato e dolciastro, delicatamente caldo. Adatto a cacciagione, pesce, frutti di mare, maiale e pollo.

CONCLUSIONI

Questa guida, adatta sia ai neofiti che agli ormai plurinavigati pitmaster, rappresenta un vademecum completo delle esperienze raccolte in questi anni di preparazioni, ricette e ricerca del giusto e del perfetto bilanciamento dei sapori. Non esiste un rub perfetto, ogni accoppiata, mix, blend e esperimento potrebbe aprirvi un mondo di nuove possibilità e di accostamenti, sapori inaspettati e melodiche note aromatizzate, pronte a sconvolgere sia voi che i vostri ospiti.

Ci auguriamo che anche questa ricetta vi sia piaciuta e vi abbia inspirati. Vi aspettiamo sulla nostra pagina Facebook dove potrete condividere e discutere anche voi le vostre migliori preparazioni.

"20g di umiltà, 50g di immaginazione, 40g di perseveranza, calma e pazienza quanto basta". Questa è la mia ricetta per affrontare qualsiasi sfida nella vita o come direbbe il grande maestro Yoda :"Fare o non fare, non esiste provare”. Non c'è un solo modo o un modo giusto in assoluto per fare BBQ, è questione di sperimentazione, ogni metodo può essere corretto in base al risultato che vogliamo ottenere. La cosa migliore è sempre quella di affidarci al giudizio dei nostri 5 sensi.